Un muro antiterrorismo nel regno dell’Islam più radicale di
Dimitri Buffa
A partire dai primi di novembre anche l’Arabia Saudita inizierà
a costruire la propria barriera anti terrorismo, il “muro”, come lo
chiamerebbero i “pacifisti senza se e senza ma” che rimproverano
solo ad Israele simili misure di sicurezza.
E lo faranno proprio ai confini con l’Iraq da cui temono infiltrazioni
di armi, jihadisti e trafficanti di droga.
Potenza e contraddizioni del mondo arabo:
da una parte a Ryad ci sono migliaia di imam che anche in televisione
predicano la guerra santa contro l’occidente e inducono tanti giovani
ad arruolarsi nella guerriglia irachena,
dall’altra le autorità politiche che cercano di mettere un freno
a tutto ciò usando appunto gli stessi, a parole, odiati metodi del “non
riconoscibile” stato d’Israele.
La notizia della costruzione di questo “muro” lungo circa 814 chilometri
è stata recentemente data da Nail al Jubeir, portavoce dell’ambasciata
dell’Arabia Saudita a Washington, che è stato anche prodigo di dettagli:
la barriera sarà dotata di fotocellule sensibilissime, probabilmente
sarà costruita dagli americani e al confine con l’Iraq vigileranno squadre
di pronto intervento dislocate in ben 40 basi ai confini con l’Iraq.
Confini peraltro difficilmente controllabili al cento per cento visto
che sono in pieno deserto.
C’è anche da ricordare che analogo “muro” difensivo esiste già tra
l’Arabia Saudita e lo Yemen e fu costruito nel 2004 per sigillare
l’accordo di pace con quello stato, da sempre in conflitto strisciante
con Ryad.
Il principe Ahmad bin Abd al Aziz, vice ministro dell’Interno
saudita così commenta il progetto con la stampa locale:
“I ministri dell’interno saudita e iracheno hanno finalmente raggiunto
un accordo che riguarda sforzi congiunti per rendere sicuri i confini
tra i due paesi e l’Arabia Saudita di conseguenza sta lavorando per
costruire “a fence” (stesso nome usato per il muro anti terrorismo israeliano,
ndr) che fornirà sicurezza molto efficace in quelle zone”.
Lo stesso vice ministro ha anche enfatizzato un po’ ipocritamente che
“non si può e non si deve parlare di muro,
piuttosto si usi il termine di barriera difensiva, formata da
un sistema elettrico di fotocellule e altri congegni molto sensibili
al calore”.
Frasi che avrebbe potuto dire il quasi compianto Sharon e che suonano
involontariamente auto ironiche in bocca a questi raiss arabi che hanno
sempre una doppia verità e una doppia morale. Ad esempio in Europa sono
in pochi a sapere che lo scorso 20 settembre c’è stata in gran segreto
una riunione ai massimi vertici dei ministri dell’Interno di Iraq, Giordania,
Kuwait, Arabia Saudita, Iran, Bahrain, Egitto e Turchia. E che l’incontro
di tre giorni si è tenuto a Jeddah e aveva per oggetto la mutua cooperazione
anti terrorismo per prevenire il passaggio delle armi ai gruppi di Al
Qaeda che operano in ciascuno di quegli stati. Si è parlato dell’inaccettabilità
di chi usa il nome dell’Islam per fare il terrorismo uccidendo altri
musulmani. Si è detto che “è una contraddizione in termini”. Altra cosa
però, evidentemente, è quando si uccidono ebrei e cristiani. Basta sentire
i sermoni degli imam di questi paesi. Evidentemente il gioco è sfuggito
di mano ai dittatori e ai monarchi assoluti dei paesi arabi e adesso
si corre ai ripari. È forse questo il famoso Islam moderato?
(L'Opinione.it, 23 ottobre 2006)